La FISH ha partecipato ieri al Tavolo convocato dal Ministero del Lavoro per iniziare un confronto per la definizione di un Piano nazionale sulla non autosufficienza. Presenti sia le organizzazioni delle persone con disabilità che referenti sindacali, della Conferenza delle Regioni, dell’ANCI, dell’INPS, del Forum del Terzo Settore. Presenti per il Governo i sottosegretari Claudio Cominardi (Lavoro e politiche sociali) e Vincenzo Zoccano (Famiglia e disabilità).
Il confronto parte correttamente dall’analisi dei dati sulla spesa e sull’impiego del Fondo per la Non Autosufficienza (FNA) che negli ultimi anni ha visto un progressivo aumento degli stanziamenti, giungendo per il 2019 a circa 570 milioni di euro. Il Ministero del Lavoro ha prodotto un report sulla base del monitoraggio sull’impiego del Fondo da parte delle Regioni (non tutte hanno risposto).
Va ricordato che nel tempo il Ministero del Lavoro, in occasione dell’approvazione dei relativi decreti di riparto, ha introdotto alcuni indicatori selettivi che consentissero di individuare le disabilità gravissime o, per essere più precisi, quelle persone non autosufficienti che necessitano di assistenza vitale. Nel 2016 sono state individuate con precisione alcune condizioni patologiche che rientrassero in quella indicazione espressa dal legislatore, fornendo anche gli indicatori (scale) da applicare.
Uno sforzo ulteriore è stato praticato per individuare le effettive condizioni di grave carico assistenziale. Anche su questo sono stati individuati indicatori, di facile applicazione, che consentano di delineare vari livelli di bisogno assistenziale e, conseguentemente, graduare interventi tenendo conto della limitazione delle risorse a disposizione. Al momento questi indicatori non sono ancora stati adottati.
Da una analisi del Ministero del Lavoro, attualmente il Fondo raggiunge solo il 5% dei titolari di indennità di accompagnamento. Quindi i destinatari effettivi sono ancora molto limitati: circa 110 mila beneficiari, di cui circa 50 mila gravissimi.
La suddivisione delle risorse ipotizzata inizialmente era di almeno 50% ai gravissimi. In realtà, dai dati prodotti dal Ministero si rileva una notevole differenza dalle percentuali stimate e soprattutto una grande disomogeneità territoriale. In particolare, in alcuni casi si è andati ben oltre il 50% per i gravissimi (ad esempio, il Molise all’85%). In genere nel Mezzogiorno si tende a offrire maggiori garanzie a quelle situazioni, anche se, su scala nazionale, la spesa per i gravi è superiore a quella per i gravissimi. Si tratta di disparità territoriali verosimilmente legate alle diverse politiche regionali e alla diversa qualità dei servizi. Ma altre disomogeneità si ravvisano anche nelle modalità di accesso al Fondo, ad esempio nel ricorso all’ISEE familiare anziché quello più favorevole socio-sanitario.
Una tendenza prevalente è invece quella della tipologia di supporto richiesto e concesso: quello dell’assistenza indiretta, cioè dell’assegnazione di contributi di natura economica che assumono denominazione diversa a seconda delle regioni (ad esempio, assegno di cura, contributo per la non autosufficienza ecc.). Questa voce rappresenta circa il 90% della spesa complessiva.
Su queste analisi e valutazioni, oltre che sulle elaborazioni successive, c’è l’intento, come detto, di costruire un Piano nazionale per la non autosufficienza.
Sul punto FISH, da sempre in prima linea su questi aspetti, ha espresso alcune preliminari considerazioni.
In linea generale il FNA deve essere considerato come fondo integrativo e non sostitutivo di servizi non resi o di politiche regionali assenti o deboli. In tal senso è centrale, nella realizzazione del Piano per la Non Autosufficienza, monitorare la qualità della spesa delle Regioni per evitare sperequazioni territoriali come oggi avviene.
L’ultima legge di bilancio prevede uno stanziamento per il FNA pari a 573 milioni per il 2019, 571 per il 2020 e 569 per il 2021. Dal 2022 il bilancio prevede 5,6 miliardi l’anno. La FISH chiede la conferma di questo intento e, possibilmente, di anticiparne lo stanziamento.
Il terzo elemento riguarda l’individuazione dei destinatari di queste misure: gli strumenti e le modalità dovrebbero essere basati su un riconoscimento della condizione di disabilità congruente con la Convenzione ONU e quindi anche individuando le necessità di maggiore sostengo assistenziale.
Un ulteriore centrale elemento riguarda i progetti per la vita indipendente: devono uscire dallo sperimentalismo in cui sono fino ad oggi confinati con un finanziamento residuale, per diventare una opportunità realmente perseguibile con continuità e certezza su tutto il territorio nazionale. Quindi finanziamento proprio e specifico e diffusione di modelli consolidati.
“Sarà un percorso impegnativo e di intensa elaborazione per il quale però siamo attrezzati, – commenta a margine dell’incontro il Presidente di FISH Vincenzo Falabella – forti di elaborazioni pluriennali che hanno avuto il merito di porsi in un’ottica di ascolto, confronto e sintesi. Ad iniziare dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità all’interno del quale già abbiamo ampiamente condiviso molte riflessioni poi confluite nel secondo Programma d’azione.”