Le pubblicazioni di giugno 2015

Nel corso del mese di giugno 2015 sono stati pubblicati quattro Report di ricerca, prodotti da diverse fonti informative, che contengono dati inerenti le tematiche della disabilità. Riportiamo di seguito una breve sintesi dei risultati prodotti, rimandando alla lettura degli originali indicizzati all’interno del nostro sito.

Trattamenti pensionistici e beneficiari: approfondimenti territoriali e di genere. Anno 2013
Il 25 giugno scorso è stato pubblicato l’approfondimento territoriale e di genere relativo ai trattamenti pensionistici e ai loro beneficiari, analizzati annualmente dall’ISTAT utilizzando i dati dell’archivio amministrativo – Casellario centrale dei pensionati, gestito dall’INPS.
Le donne, nel 2013, rappresentano più della metà (il 52,9%) dei pensionati (8,7 su 16,4 milioni), ma percepiscono solo il 44,2% dei 273 miliardi di euro complessivamente erogati. Nel Nord Ovest risiede oltre un quarto dei pensionati (circa il 28%), mentre la quota si attesta intorno al 20% nelle altre ripartizioni geografiche, e scende al 10% nelle Isole.
Seguono lo stesso andamento di genere le pensioni assistenziali (pensioni di invalidità civile, pensioni sociali e di guerra): oltre la metà di tali prestazioni (61,1%) è erogata a donne, ma sono gli uomini a percepire gli importi mediamente più elevati, con l’unica eccezione delle pensioni di invalidità civile, il cui importo medio per gli uomini (4.630) è più basso di circa quattrocento euro rispetto a quello percepito dalle donne (5.082).  Mentre nel caso delle pensioni previdenziali le disparità di trattamento tra uomini e donne trovano una spiegazione nei diversi percorsi di carriera e nelle diverse retribuzioni che si riverberano sugli importi delle pensioni erogate, di meno immediata lettura è il dato sulle pensioni assistenziali. Le pensioni di invalidità civile non prevedono infatti un importo differenziato in relazione al genere, quanto in base alle tipologie di pensione (invalidi civili, sordi e ciechi civili) e alla contestuale o meno erogazione delle relative indennità, anch’esse di diverso importo a seconda del tipo di menomazione (invalidità, cecità, sordità). L’unica spiegazione possibile del differenziale evidenziato risiede quindi nel fatto che la percentuale di donne che ricevono l’indennità di accompagnamento risulta maggiore di quella degli uomini, incidendo diversamente sulle provvidenze assistenziali medie per genere.
Dal punto di vista della distribuzione territoriale, nel Mezzogiorno una pensione su quattro è di natura assistenziale: il 28,2% delle pensioni erogate nelle Isole e il 26,4% di quelle erogate nel Sud; al contrario, al Nord il 13% delle pensioni erogate è di tipo assistenziale (il 13,1% nel Nord Ovest e il 13,3% nel Nord Est).

Salvare il sociale. Rivedere i fondamentali della società italiana – Un Mese di Sociale 2015/4
Lo scorso 24 giugno il CENSIS ha pubblicato il n. 4 della collana Un Mese di Sociale dedicato alle politiche socio-sanitarie e socio-assistenziali del nostro Paese. Attraverso la raccolta e analisi di dati di fonte ufficiale, si evidenzia il progressivo ridimensionamento del finanziamento pubblico, gli squilibri territoriali nel sistema degli interventi e servizi sociali, il ruolo centrale della famiglia e delle reti relazionali, l’importanza del non profit quale componente fondamentale del nostro modello di welfare. Importanti quote di bisogni sociali trovano oggi una risposta quasi interamente garantita dalla presenza del privato sociale e si tratta spesso di bisogni e servizi di particolare complessità. Viene riportato come caso emblematico quello dei servizi per la disabilità, cui viene indirizzato il 23,2% della spesa sociale comunale, pari a 1.630.043.404 euro, di cui la metà circa è destinata ad enti privati che gestiscono i servizi, principalmente cooperative. E anche nel caso delle strutture residenziali appare evidente il ruolo strategico del non profit.
In questo scenario, il rischio che viene paventato è che, a fronte delle dinamiche demografiche, e soprattutto delle conseguenze epidemiologiche dell’invecchiamento in termini di incremento dei bisogni di assistenza, l’arretramento del soggetto pubblico anche rispetto alla delega al privato non profit crei ampi spazi di vuoto nella capacità di dare risposte ai bisogni crescenti della popolazione.
Con la conseguenza di confermare come modalità prevalente di presa in carico il “fai da te familiare”: sia in termini di assistenza prestata dai caregiver famigliari, sia in termini di spesa per il lavoro di cura privato.

I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia. 8° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, anno 2014-2015
È stato pubblicato a metà giugno l’8° Rapporto del Gruppo CRC – Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, composto da un vasto numero di organizzazioni del terzo settore che annualmente monitorano l’attuazione in Italia della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dei suoi Protocolli opzionali.
In relazione ai minori con disabilità, il Rapporto ribadisce, in continuità con i precedenti, l’assenza di dati statistici relativi alla fascia d’età 0-5 anni: ad oggi non esiste ancora nel nostro Paese un dato certo sul numero di bambini e bambine con disabilità che fotografi la situazione prima dell’ingresso nella scuola dell’obbligo. Aspetto che viene ritenuto particolarmente grave in quanto direttamente collegato alle politiche e agli interventi precoci: dalla diagnosi alla riabilitazione tempestiva.
Due sono, in particolare, i paragrafi dedicati ai minori con disabilità, uno sul diritto alla salute e l’altro sull’inclusione scolastica, ma riferimenti alla disabilità si trovano trasversalmente all’interno del Rapporto anche rispetto ad altre tematiche, quali ad esempio l’accesso ai media e il diritto al gioco e all’attività sportiva. Tra gli elementi che vengono evidenziati troviamo: l’esistenza di disparità e discrepanze nella qualità dell’assistenza tra Regioni e territori; la questione legata alla disciplina del nuovo ISEE, che crea differenze tra minorenni e maggiorenni con disabilità per l’accesso alle prestazioni sociosanitarie; la disomogeneità territoriale nella distribuzione degli insegnanti di sostegno; la discontinuità didattica per gli alunni con disabilità, che influisce in maniera negativa sulla costruzione del progetto individuale; l’insufficiente livello delle competenze dei docenti curricolari e di sostegno sulla didattica per la disabilità; l’ancora elevata presenza di barriere architettoniche nelle scuole.

La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia. Anno 2014
I primi di giugno l’ISTAT ha pubblicato i dati 2014 relativi alla violenza sulle donne: un fenomeno ampio e diffuso, che ha coinvolto 6 milioni 788 mila donne, vittime nel corso della propria vita di una qualche forma di violenza fisica o sessuale (il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni).
In questo quadro, critica appare la situazione delle donne con disabilità o con problemi di salute: ha subìto violenze fisiche o sessuali più del 36% di chi è in cattive condizioni di salute o ha gravi limitazioni nelle attività (a fronte di circa il 30% di chi non ha problemi di salute né limitazioni funzionali). In particolare, il rischio di subire stupri o tentati stupri è più che doppio per le donne con limitazioni gravi: il 10% contro il 4,7% delle donne senza limitazioni o problemi di salute.
Il rischio aumenta anche in caso di stalking. Hanno subìto comportamenti persecutori durante o dopo la separazione dal partner il 21,6% delle donne con limitazioni funzionali gravi, il 19,3% di quelle con limitazioni non gravi e il 18,4% di chi ha malattie croniche o problemi di salute di lunga durata (contro circa il 14% di chi non ha limitazioni o problemi di salute).

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