La Commissione Finanze della Camera ha richiesto un parere alla Corte dei conti sul disegno di legge delega di riforma fiscale e assistenziale, al vaglio in questi giorni.
La Corte ha formalizzato oggi il suo parere in una articolata delibera. Sorvolando sulla parte fiscale, sulla quale comunque vengono espresse pesanti critiche, ci soffermiamo sulla parte che riguarda la delega assistenziale su cui la Corte sentenzia una sonora stroncatura.
La Corte annota come l’intervento di “riordino della spesa sociale” rappresenti un obiettivo di risparmio, e non di riforma vera e propria, i cui effetti sono difficili da prevedere.
Nella spesa sociale ci sarebbe ben poco da risparmiare, secondo la Corte: “i risparmi effettivamente conseguibili su una spesa che nel complesso ammonta a poco meno di 30 miliardi di euro, se limitata al comparto dell’assistenza (pensioni e indennità di accompagno per gli invalidi civili, pensioni di guerra, pensioni sociali, integrazioni al minimo, prestazioni di maternità, assegni familiari,…), e che comunque non dovrebbe superare i 40 miliardi, se estesa ad alcune aree al confine con la previdenza (pensioni di reversibilità, in particolare), dovrebbero risultare relativamente limitati”.
Poco praticabile sarebbe l’applicazione di limiti reddituali e patrimoniali per la concessione dell’indennità di accompagnamento e per le pensioni di invalidità.
“D’altra parte, – annota la Corte – non si può ignorare che in molti casi si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica ‘nascosta’ di contrasto alla povertà, compensativa di un’offerta di servizi non sempre adeguata e uniformemente distribuita sul territorio. E, conseguentemente, non appare irragionevole attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non-autosufficienza”.
Nella sostanza la Corte fa capire: attenzione! Quello che si risparmia da una parte, riemerge come istanza legata alla non autosufficienza.
Osservazioni molto critiche anche sul “fondo per l’indennità sussidiaria” che, come prevede il disegno di legge, dovrebbe essere ripartito fra le regioni con “standard definiti in base alla popolazione residente e al tasso d’invecchiamento della stessa nonché a fattori ambientali specifici”.
Secondo la Corte ciò “lascia prefigurare una sorta di contingentamento della spesa impegnata dall’indennità di accompagnamento (…), con il ribaltamento sulle regioni dell’onere di contenerne la futura dinamica”.
In un crescendo di critiche la Corte giunge alla questione dei livelli essenziali di assistenza: “Non può essere sottovalutato il rischio che nella sua versione attuale, in mancanza di una chiara definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, la riforma possa portare, non tanto ad un auspicabile concentrazione delle risorse sulle condizioni effettivamente meritevoli, ma ad una ulteriore compressione delle politiche a sostegno dei non autosufficienti”.
E ancora: “il solo riferimento alla ripartizione delle risorse fra regioni secondo criteri di numerosità e di invecchiamento della popolazione nonché in base a fattori ambientali non specificati, sembra mirare più a contenere le realtà territoriali in cui la richiesta è superiore alla media, che a rispondere ad effettivi obiettivi di identificazione dei fabbisogni”.
Ne segue una lucida analisi storica: “Non si può ignorare, infatti, che negli ultimi anni le somme trasferite dallo Stato alle realtà territoriali a copertura degli interventi per l’assistenza hanno subito rilevanti tagli: il mancato rifinanziamento del fondo per le autosufficienze, la riduzione degli stanziamenti per il fondo politiche sociali e per la politica abitativa hanno già sensibilmente inciso sul quadro degli interventi in ambito locale”.
Ma ce n’è anche per il previsto affidamento della futura gestione della carta acquisti alle organizzazioni non profit. Secondo la Corte: “le organizzazioni non profit possono essere coinvolte dai Comuni nell’azione di impianto dei programmi, ma non possono rappresentare un limite alla discrezionalità nell’indirizzo delle risorse pubbliche”.
“Per una volta la FISH non ha nulla da aggiungere! – commenta con soddisfazione Pietro Barbieri, presidente della Federazione – salvo esprimere la soddisfazione di leggere motivazioni che da anni sosteniamo espresse dal massimo organo di giurisdizione contabile”.