Il Garante delle persone private della libertà personale contro la segregazione dei disabili

Mauro PalmaIeri è stato un giorno importante per la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – dichiara Vincenzo Falabella, presidente della FISH – Vengono condivise e riconosciute come fondate e legittime le istanze, le rivendicazioni, le proposte, gli approfondimenti che riproponiamo con insistenza negli ultimi anni in materia di segregazione delle persone con disabilità. Viene premiata la determinazione che ha guidato la specifica Consensus Conference sulla segregazione promossa nel giugno 2017, il nostro Congresso che ha nuovamente ribadito la centralità del tema e soprattutto l’avere cercato e trovato interlocuzione nel Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, nostro ospite in entrambe le occasioni.”

Proprio ieri il Garante, Mauro Palma, ha anticipato i contenuti della Relazione annuale che sarà depositata a ore in Parlamento. Lo ha fatto in una Conferenza alla presenza delle Presidenze di Senato e Camera e dei referenti dei massimi organi istituzionali: fra gli altri, Corte costituzionale, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Ministero della Giustizia.

E nella Relazione di quest’anno, come ha premesso Mauro Palma, spicca subito una novità: l’area della libertà e della salute, che “è volutamente posta come prima delle aree di analisi nella Relazione, si è ampliata quest’anno al monitoraggio delle strutture residenziali per disabili e anziani ove si concretizzi di fatto una privazione della libertà. Sono le strutture che in ambito internazionale vengono definite Social care home”. La relazione è, non a caso, ricca di dati e di analisi.

Sono questi dati […] a far comprendere la vastità del mandato di monitoraggio che lo rendono impossibile senza la costruzione di referenti territoriali del Garante nazionale […] e senza il supporto degli Istituti di ricerca, di altre Istituzioni e dell’importante ruolo dell’associazionismo di settore. Da qui lo sviluppo di alcuni Protocolli tra il Garante e altre Istituzioni per la costruzione di un’Anagrafe che è stata realizzata […] classificando le strutture in base alle prestazioni erogate (sanitarie; socio-sanitarie; sociali) e al grado di residenzialità (residenziale; semiresidenziale).”

E il Garante prosegue con una serie di affermazioni che FISH non può che riconoscere come proprie: “L’attesa del mondo della disabilità è stata centrata nella fiducia in questa Istituzione nuova, il Garante nazionale, che ha assunto l’impegno di monitorare il variegato mondo delle strutture per persone vulnerabili e di indirizzare un occhio esterno verso luoghi capillarmente sparsi nel territorio del Paese a volte poco trasparenti. Sono luoghi in cui accudimento e controllo si confondono frequentemente. Luoghi certamente noti alla rete degli affetti di chi vi è ospitato e al variegato mondo del volontariato; ma molto meno alle Istituzioni, forse proprio per la supposta residualità del ruolo sociale delle persone che vi risiedono; le quali vi entrano spesso volontariamente, ma nel tempo rischiano, per una serie di imprevedibili fattori, di divenire di fatto private della libertà. Proprio per questo abbiamo voluto inserire questo settore d’azione del Garante come primo capitolo tematico di questa Relazione e voglio leggere la nuova previsione di un Dicastero rivolto, nel proprio mandato, anche alla disabilità come l’indicazione di un’accelerazione nel processo d’integrazione dei relativi problemi all’interno del quadro complessivo della tutela dei diritti di tutti e non come separazione da quest’ultimo”.

E ancora sui trattamenti sanitari obbligatori e sulla salute mentale: “quello che maggiormente colpisce è la mancanza di dati certi che peraltro rende molto più difficile l’attività di monitoraggio e quindi la possibilità di prevenire situazioni che potrebbero ledere i diritti delle persone. […] Per colmare tale lacuna, il Garante raccomanda che sia predisposto un Registro nazionale dei trattamenti sanitari obbligatori, in cui siano riportate una serie di informazioni, quali il numero complessivo dei pazienti ricoverati nei diversi Servizi psichiatrici di diagnosi e cura, il numero complessivo dei pazienti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio e la durata in ciascun caso, il numero di coloro che sono sottoposti a trattamento sanitario volontario, la data di inizio del trattamento, la durata presumibile all’atto dell’ingresso e la durata effettiva dello stesso, l’eventuale uso della contenzione (nelle sue diverse declinazioni) e la sua durata, la conversione del trattamento da obbligatorio a volontario per avvenuto consenso”.

Un giorno quindi davvero importante e che potrebbe segnare l’avvio di un reale contrasto alla segregazione delle persone con disabilità e di garanzia della vita indipendente come previsto dall’articolo 19 (brillantemente citato dal Garante nella sua relazione) della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Alcuni dati

In Italia, nel 2014, i presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari pubblici e privati ospitano complessivamente 273.316 persone con disabilità e non autosufficienza, pari al 70,8% del numero totale di ospiti (parliamo dei cosiddetti istituti, RSA, comunità, strutture di tipo familiare).

Di questi: 3.147 sono minori con disabilità e disturbi mentali dell’età evolutiva; 51.593 sono adulti con disabilità e patologia psichiatrica; 218.576 sono anziani non autosufficienti.

Dunque poco più dell’83% degli ospiti con disabilità e non autosufficienza presenti nelle strutture residenziali sono anziani non autosufficienti.

In particolare, possiamo rilevare che nell’81,6% dei casi si tratta di anziani non autosufficienti cui viene garantito un livello di assistenza sanitaria medio-alto, ossia trattamenti medico-sanitari estensivi per la non autosufficienza (livello medio) o intensivi per il supporto delle funzioni vitali (livello alto). Possiamo quindi parlare per lo più di anziani che si trovano in condizioni di gravità. Inoltre nel 98,3% dei casi sono ospiti di strutture che non riproducono le condizioni di vita familiari e potrebbero dunque risultare potenzialmente segreganti.

Allo stesso modo, il 93,2% dei 32.648 posti letto rivolti alle persone con disabilità risultano collocati in strutture che non riproducono l’ambiente della casa familiare.

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