Ancora una volta Beppe Grillo (esempio peraltro imitato), usa termini piuttosto volgari, oltre che profondamente scorretti, per stigmatizzare gli avversari politici, cadendo pure nei più bassi luoghi comuni figli del pregiudizio.
Fossero pezzi teatrali, potrebbero essere liquidati come scivoloni di cattivo gusto di un comico a fine carriera, un motivo in più perché quella carriera, appunto, finisca in fretta lasciando ricordi meno sgradevoli.
Ma purtroppo quelle frasi che dileggiano l’autismo, così ben scandite da un palco di fronte a 30mila persone e veicolate rabbiosamente sui social, provengono dal “padre nobile” di un Movimento che conta sulla maggioranza relativa in Parlamento.
Quello stesso Movimento che, assieme alla Lega, ha fortemente voluto un Ministero per la famiglia e per le disabilità.
È proprio dal responsabile di quel Ministero e dal suo Sottosegretario che attendiamo ora una decisa stigmatizzazione di quei toni e linguaggi, presagi di ancor peggiori esclusioni, senza minimizzare l’accaduto o derubricarlo ad una battuta.
L’autismo, come innumerevoli altre condizioni, merita rispetto, prima ancora di quel sostegno e supporto all’inclusione che, al momento, restano ancora lettera morta in qualche tweet o il qualche slogan.