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Condizioni di lavoro

Le persone di 15-64 anni con disabilità occupate (che, ricordiamo, sono pari al 31,3% del totale) lavorano prevalentemente nel settore della Pubblica Amministrazione, dove si concentra il 49,7% degli occupati con limitazioni gravi rispetto al 41,3% delle persone senza limitazioni. Tale concentrazione risulta verosimilmente favorita dall’applicazione della legge 68/99 e dalla riserva di posti prevista nei concorsi pubblici. Meno frequente l’occupazione delle persone con limitazioni nei servizi (27,0% contro 32,3% della popolazione senza limitazioni) e nel settore dell’industria e costruzioni (16,9% contro 21,5%).

L’analisi per posizione nella professione evidenzia un andamento molto simile tra le persone con disabilità e quelle senza limitazioni: un maggior addensamento in corrispondenza dei livelli intermedi (oltre il 70% di impiegati e operai sia tra le persone con limitazioni gravi che tra quelle senza limitazioni) e un peso minore di dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (rispettivamente 9,1% e 11,4%). Più alta la quota di lavoratori in proprio o coadiuvanti tra le persone con limitazioni gravi (il 19,0% contro il 15,0% della popolazione senza limitazioni).

(Fonti: ISTAT, “Conoscere il mondo della disabilità”, dicembre 2019)

Secondo una precedente rilevazione ISTAT, le persone con disabilità in misura più elevata rispetto alla popolazione residente in Italia hanno un lavoro di tipo dipendente e in misura inferiore hanno contratti precari o occasionali. Inoltre, con una maggiore frequenza stipulano rapporti di lavoro a tempo parziale.
Andamenti, questi, evidenziati anche dall’analisi dei dati relativi a quanti lavorano in base all’applicazione della legge 68/99.

(Fonti: ISTAT, “Inclusione sociale delle persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi. Anno 2013”, luglio 2015)

Stabilità del posto di lavoro

Rispetto all’universo delle persone con disabilità assunte in forza della legge 68/99, al 2018 la quasi totalità dei 360 mila lavoratori con disabilità occupati in base agli obblighi normativi risulta assunta con un contratto a tempo indeterminato (93,7%), mentre il tempo determinato (5,7%) o altri contratti flessibili incidono per il 6,3%. Tuttavia l’incidenza delle forme di lavoro temporaneo risulta in crescita tra i giovani (il 27,9% degli occupati con meno di 30 anni e l’11,5% di chi ha tra i 30 e i 39 anni).

(Fonti: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia”, dicembre 2019)

Tale tendenza risulta in linea con i dati forniti dalle varie Relazioni al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 68/99, che mettono in luce come la crisi economica e occupazionale abbia esercitato negli anni i suoi effetti anche sulle tipologie contrattuali usate per l’assunzione dei lavoratori con disabilità, determinando un processo di progressiva precarizzazione. Se fino al 2008 il tempo indeterminato era risultato la modalità di assunzione prevalente, a partire dal 2009 si registra un ribaltamento del rapporto fra posizioni a tempo indeterminato e determinato, a vantaggio di queste ultime. Tale andamento si consolida progressivamente fino ad arrivare al picco massimo nel 2014, anno in cui le posizioni a tempo indeterminato scendono al 19,4% del totale e quelle a tempo determinato salgono al 71,7%. Valori che tendono a migliorare l’anno seguente, quando l’incidenza dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato sale al 30,1% del totale e quella dei contratti a tempo indeterminato scende al 63,1%.
Residuali risultano le altre tipologie contrattuali.

Grafico 1 – Assunzioni per tipologia contrattuale (anni 2008-2015) (%)

Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (Relazioni al Parlamento) – Scarica Tabella dati

[L’andamento qui evidenziato relativo alle diverse tipologie contrattuali di assunzione risulta in parte difforme a quello esposto nella VII Relazione al Parlamento (2012-2013), che riporta su tale tema alcuni dati diversi a quelli contenuti nella IV e nella V Relazione, inerenti i bienni 2006-2007 e 2008-2009. In assenza di specifiche indicazioni circa eventuali aggiornamenti dei dati contenuti nelle precedenti Relazioni, si è qui preferito ricalcolare tale andamento, sulla base dei valori assoluti ripresi in serie storica dalle Relazioni al Parlamento via via pubblicate].

(Fonti: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, “Ottava Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Anni 2012-2013”, febbraio 2018)

Dal punto di vista dell’orario di lavoro, più di un terzo degli occupati (il 34,3%) lavora con un contratto part time, e tale quota cresce tra i più giovani (il 37,1% di chi ha tra i 40 e i 49 anni, per arrivare al 49,3% degli under 30), con evitabili impatti anche futuri in termini reddituali.
Il part time risulta più diffuso tra le donne con disabilità (il 44,3% contro il 27,3% degli uomini con disabilità).

(Fonti: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia”, dicembre 2019)

Ostacoli al lavoro e servizi per l’inclusione lavorativa

Il 38,9% delle persone di 15-64 anni con problemi di salute o limitazioni funzionali dichiara di incontrare ostacoli al lavoro a causa delle proprie condizioni di salute, con una quota più elevata registrata tra le donne (il 40,6% contro il 37,0% degli uomini). In particolare, incontra almeno un ostacolo il 28,5% degli occupati, il 45,7% di chi cerca un’occupazione e il 49,8% degli inattivi.
In riferimento al tipo di ostacoli, il 35,8% delle persone con problemi di salute o limitazioni funzionali individua un limite al lavoro nel tipo di mansioni che può svolgere, il 26,0% nel numero di ore settimanali, il 15,3% nel raggiungimento del posto di lavoro.

Il 24,2% della stessa popolazione di 15-64 anni con problemi di salute o limitazioni funzionali riferisce inoltre di incontrare almeno un ostacolo allo svolgimento dell’attività lavorativa diverso dalle condizioni di salute. E la denuncia di tali ostacoli è riferita in misura più elevata tra le persone che hanno più problemi di salute e limitazioni funzionali.
Guardando ai motivi indicati in percentuali più elevate, il 53,4% delle persone evidenzia la mancanza di opportunità di lavoro adeguate, il 19,5% l’assenza di esperienza o di professionalità appropriate e il 19% la cura dei proprio famigliari. Rispetto alle barriere ambientali il 16,7% denuncia la mancanza di flessibilità da parte dei datori di lavoro e il 13,5% l’assenza o inadeguatezza dei mezzi di trasporto tra casa e lavoro. Infine l’8,1% indica il rischio di perdere il diritto a benefici economici.

Circa il 10% degli occupati di 15-64 anni con problemi di salute o limitazioni funzionali dispone di una forma di assistenza sul lavoro (fornita da persone; legata ad attrezzature speciali o collegata ad adattamenti dell’ambiente di lavoro; connessa alla flessibilità nelle modalità di prestazione lavorativa). Il sostegno più diffuso è rappresentato dalla flessibilità nelle modalità di prestazione lavorativa: ne usufruisce il 6,9% dei lavoratori con problemi di salute o limitazioni funzionali. Minore è invece la presenza e quindi l’utilizzo di assistenza personale e di speciali attrezzature: entrambe riguardano circa il 2% degli occupati.

Tra le persone che non hanno un lavoro la quota di coloro che avrebbe bisogno di almeno una delle forme di assistenza per poter lavorare è molto elevata (26,6%). La flessibilità nelle modalità di prestazione lavorativa permetterebbe a circa un quarto dei non occupati con problemi di salute o limitazioni funzionali di affacciarsi al mercato del lavoro. Per tutte le forme di assistenza vi è una maggiore concentrazione di bisogno tra le persone nella classe di età centrale, quelle più interessate a proporsi per un’occupazione. Nelle Regioni del Centro si evidenziano valori meno elevati rispetto alle altre ripartizioni geografiche.

(Fonti: ISTAT, “Limitazioni nello svolgimento dell’attività lavorativa delle persone con problemi di salute. Anno 2011”, maggio 2013)

L’impatto sulla vita lavorativa delle malattie oncologiche

Secondo il Rapporto 2019 sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, il 55% di chi lavorava (come dipendente o autonomo) al momento della diagnosi tumorale ha mantenuto il medesimo livello di reddito (quota in diminuzione rispetto al 71% rilevato in una precedente indagine contenuta nel Rapporto 2012). Per il 19% il lavoro si è interrotto, per il 18% è ancora in essere ma con un reddito ridotto, per il 20% è ancora in essere ma senza alcun reddito, mentre il 7% ha chiesto il pensionamento.
In particolare, l’insorgere della malattia ha prodotto cambiamenti particolarmente importanti e gravosi sulla condizione professionale dei lavori autonomi, di quelli con forme di lavoro flessibili, di artigiani o commercianti. E rappresenta un fattore di debolezza per le categorie già contrattualmente più deboli: le donne e i lavoratori tra i 55 e i 64 anni.

Dall’indagine emerge anche che il 16,2% dei malati oncologici beneficia di permessi lavorativi retribuiti (ex articolo 3, comma 3, Legge 104/1992), il 9,9% di giorni di assenza per terapia salvavita, il 5,4% di congedi lavorativi, l’1,6% del tempo parziale verticale o orizzontale, con riduzione proporzionale dello stipendio.

(Fonti: Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, “11° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici”, maggio 2019)

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