Calati i toni di una intensa campagna elettorale, FISH ritrova il clima più consono per rilanciare i temi che più le appartengono: quelli delle politiche sociali.
“Ci aspettavamo che un decreto che ha nell’oggetto la giustizia sociale cogliesse l’occasione per un rilancio delle politiche sociali a favore delle persone con disabilità, gli anziani, i minori.”
La riflessione è di Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, a margine del Decreto-legge 66/2014, più noto per essere il provvedimento che ha concesso i “famosi” 80 euro nelle buste paga di chi ha un reddito inferiore ai 24mila euro. Il decreto è in questi giorni all’esame del Parlamento per la conversione in legge.
“È un provvedimento che contiene molti elementi positivi in termini di trasparenza e ristrutturazione della gestione pubblica, che spinge verso una modalità di spesa più razionale, contenendo sprechi e abusi. Ma prevede anche significative restrizioni per Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Oltre che ai Ministeri.”
Il decreto, in effetti, impone risparmi per 2,1 miliardi nel 2014.
Ai Ministeri 200 milioni (300 nel 2015 e nel 2016) vengono “tagliati” direttamente dal decreto-legge riducendo i relativi stanziamenti. I rimanenti 500 dovranno essere recuperati direttamente dagli stessi Ministeri.
Il Ministero dell’Istruzione, ad esempio, restituisce 6,3 milioni per il 2014 e 9,4 milioni per ciascuno dei due anni successivi. La preoccupazione corre all’obbligo di aggiornamento in servizio sulle didattiche inclusive, ottenuto dalle associazioni in sede di approvazione della Legge 128/2013 e che verosimilmente è destinato a rimanere lettera morta.
Ma poi tocca a Comuni, Città metropolitane e Province.
Il decreto impone loro risparmi di 700 milioni per il 2014 e di oltre un miliardo per ciascuno dei prossimi tre anni. Il risparmio dovuto dagli Enti locali sarà calcolato sulla loro spesa nell’ultimo triennio. È un calcolo indistinto, però, che comprende sia voci di ordinaria amministrazione e gestione che servizi sociali come le mense e i servizi scolastici o le rette in struttura per disabili, minori, anziani.
Paradossalmente verrebbero premiati i Comuni che meno spendono in servizi alla persona o che, magari, pretendono una maggiore partecipazione alla spesa.
“Ci sembra prevalga ancora la logica dei tagli lineari. – prosegue Falabella – Non si opera alcuna distinzione fra il tipo di spesa e la qualità dei servizi erogati dai Comuni e dalle Città metropolitane. Vengono messi sullo stesso piano la carta per le fotocopie e i servizi per i disabili o ai minori. Quella che era un’occasione di riqualificare la spesa e per premiare i Comuni più virtuosi in termini di politiche sociali rischia di andare persa se il Parlamento non interviene in sede di conversione in legge.”
La FISH chiede, quindi, un intervento correttivo su tali criteri, primo ed importante presupposto per rilanciare in modo efficace la spesa sociale (agli ultimi posti in Europa), per attuare il Piano di azione biennale per la disabilità e per ripensare l’inclusione sociale e il contrasto all’impoverimento senza i quali non vi è giustizia sociale.