«L’adozione di una nuova circolare da parte dell’INPS che possa garantire il diritto delle parti di unione civile ad avere gli stessi benefici, cioè i congedi e permessi previsti dalle leggi n.104 del 1992 e dal D.lgs n.151 del 2001 per l’assistenza a una persona con disabilità, alle stesse condizioni immaginate per i coniugi, e cioè anche per l’assistenza ai parenti dell’altra parte dell’unione».
È quanto ha chiesto il presidente della FISH, Vincenzo Falabella (dopo un confronto con la Fish Lombardia – Ledha e l’Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford) in una lettera inviata ieri, 21 aprile, al presidente dell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, Pasquale Tridico, al Ministro del Lavoro, Andrea Orlando e alla Ministra della Famiglia, Elena Bonetti.
«Chiediamo che si voglia quanto prima adottare una nuova circolare che modifichi la n.38 del 2017», si legge nella missiva: «perché essa costituisce una discriminazione dell’orientamento sessuale e della disabilità».
Nei fatti, «ci troviamo di fronte a una discriminazione multipla». Dichiara il presidente della Federazione Italiana Superamento Handicap: «perché se è pur vero che la legge Cirinnà non richiama espressamente l’articolo n. 78 del Codice Civile, sia la dottrina che la giurisprudenza hanno sottolineato che alcune norme inerenti al matrimonio debbano essere applicate per analogia». Continua Falabella: «nel caso in questione, dunque, appare del tutto evidente come una parte dell’unione civile riconosciuta si trovi nella situazione comparabile a quella dei coniugi uniti dal matrimonio, laddove il familiare di un componente della coppia necessiti di assistenza in ragione della sua condizione di disabilità».
Ed è per questo che la FISH ha chiesto con una lettera ufficiale l’intervento delle istituzioni, ribadendo l’urgenza dell’adozione di una nuova circolare che sostituisca la già richiamata n.38 del 2017. Perché: «l’interpretazione fornita da INPS costituisce una irragionevole discriminazione multipla che impatta sul godimento dei diritti fondamentali alla salute e all’assistenza della persona con disabilità». Si legge ancora nella missiva: «riducendo in tal modo la platea dei soggetti che possono assistere la persona in questione ove ne abbia la necessità, infatti, si preclude alla lavoratrice e al lavoratore uniti civilmente di occuparsi di un familiare dell’altra parte dell’unione, mentre tale diritto è riconosciuto ai coniugi di una coppia eterosessuale».
Una discriminazione multipla, dunque, di genere e condizione, su cui la FISH ha chiesto alle istituzioni di intervenire immediatamente.