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Diritto al lavoro

I livelli occupazionali

La presenza di limitazioni funzionali ha un forte impatto sull’esclusione dal mondo lavorativo.

Il 31,3% delle persone con disabilità di 15-64 anni risulta occupato (era il 19,7% nel 2013), contro il 57,8% delle persone senza limitazioni della stessa fascia di età.
Inoltre, le persone con limitazioni funzionali gravi che sono inattive rappresentano una quota più che doppia rispetto a quella osservata tra chi non ha limitazioni.

Persone di 15-64 anni per presenza di limitazioni funzionali
Condizione lavorativa Limitazioni gravi Nessuna limitazione
Occupato 31,3% 57,8%
In cerca di occupazione 18,1% 14,8%
Studente 3,6% 12,4%
Inabile al lavoro 12,6% 0,0%
Altra condizione 34,4% 15,1%
Totale 100,0% 100,0%

Fonte: dati ISTAT. Media 2016-2017

Soffermandoci sulle differenze di genere, risulta occupato il 36,3% degli uomini con disabilità (67,2% nella popolazione senza limitazioni) a fronte del 26,7% delle donne con disabilità (48,2% nella popolazione femminile senza limitazioni). La distanza si riduce se consideriamo le persone in cerca di occupazione: il 15,1% tra le donne con disabilità, rispetto al 21,2% degli uomini con disabilità (15,2%  tra gli uomini senza limitazioni) e al 14,4% delle donne senza limitazioni. Ciò è legato al fatto che una quota molto consistente delle donne con disabilità non occupate si rifugia nella condizione di non attività: si dichiara infatti in altra condizione occupazionale il 45,0% delle donne con limitazioni gravi, a fronte del 23,1% degli uomini con disabilità (5,5 tra gli uomini senza limitazioni) e del 24,7% delle donne che non hanno limitazioni.

Il differenziale tra occupati con disabilità e occupati senza limitazioni si riduce se consideriamo le persone con titoli di studio più elevati: risulta infatti occupato il 63,4% delle persone con disabilità che hanno una laurea o più, a fronte del 76,7% delle persone senza limitazioni con lo stesso livello di istruzione. Distanza che invece si acuisce tra chi ha un basso titolo di studio (fino alla licenza media), rispettivamente 19,5% e 44,6%. Aspetti, questi, che chiamano in causa non solo la capacità inclusiva del nostro sistema scolastico, ma anche la disponibilità e l’accompagnamento delle aziende nell’inserire persone con limitazioni funzionali più complesse.
Da evidenziare anche il dato sulla condizione di studente, che tra le persone senza limitazioni risulta tre volte superiore a quello registrato tra le persone con disabilità.

Dal punto di vista territoriale, anche per le persone con disabilità si registra la distanza del Mezzogiorno rispetto alle altre ripartizioni geografiche: risulta infatti occupato il 18,9% delle persone con disabilità, contro il 37,3% del Nord e il 42,2% del Sud.

(Fonti: ISTAT, “Conoscere il mondo della disabilità”, dicembre 2019)

L’attuazione della Legge 68

I dati più recenti sull’attuazione della legge 68/99 sono quelli resi per la prima volta disponibili dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali relativi al Prospetto Informativo Disabili – PID, una dichiarazione che i datori di lavoro pubblici e privati con più di 14 dipendenti sono tenuti a trasmettere per comunicare la propria situazione occupazionale rispetto alle assunzioni di persone con disabilità, o eventuali modificazioni in essa intervenute.

Al 2018 si contano quasi 360 mila lavoratori con disabilità, occupati in base agli obblighi normativi introdotti dalla legge 68/99. Sono in prevalenza uomini (il 58,7% contro il 41,3% delle donne) e residenti nelle Regioni del Nord Italia (il 56,3%, con una punta del 21,5% nella sola Lombardia).
Di essi, il 53,7% ha superato i 50 anni e il 14,3% ne ha più di 60, mentre solo il 17,5% ha un’età inferiore ai 40 anni. Un dato, questo, che si discosta significativamente dall’andamento generale del mercato del lavoro italiano, dove le quote di occupati under 40 e over 50 si attestano su valori piuttosto simili (rispettivamente il 36% e il 34%). Ciò viene ricondotto ad una pluralità di fattori, tra i quali la maggiore difficoltà di accesso al mondo del lavoro per i giovani con disabilità, ma anche all’impianto stesso della normativa. La legge da una parte ha dato impulso, vent’anni fa, alle assunzioni di persone con disabilità, e dall’altra parte computa tra gli occupati con disabilità chi è diventato invalido nel corso della propria carriera lavorativa, limitando quindi di fatto i processi di ricambio generazionale.
Alla maggioranza degli occupati (il 61,9%) è stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa inferiore al 67%, al 18,5% una riduzione tra il 67% e il 79%, mentre al 14,2% una riduzione superiore all’80% (per il restante 5,4% degli occupati tale dato non risulta disponibile).
Il Nord Ovest è la ripartizione territoriale che presenta la maggiore incidenza di occupati con riduzione della capacità lavorativa superiore all’80% (il 16,9%), cui contribuisce maggiormente la Lombardia, dove alla maggiore densità occupazionale corrisponde una più efficace capacità di inserimento delle persone che presentano condizioni più complesse.
Rispetto alle modalità di accesso al mondo del lavoro, al 2018 gli occupati assunti con chiamata diretta risultavano il 77,4% del totale, con un picco del 92,8% fra gli under 30, a fronte del 22,6% degli occupati selezionati secondo un meccanismo numerico. Tale andamento risulta in linea con quanto già evidenziato dall’VIII Relazione al Parlamento, la quale metteva in luce come l’avviamento da graduatoria abbia da sempre rappresentato per i datori di lavoro privati una modalità residuale, in coerenza con l’approccio del collocamento mirato, questo anche al di là delle modifiche introdotte dal d.lgs 151/2015 che ha ampliato la possibilità di ricorrere alla richiesta nominativa.

A fronte delle 360 mila persone con disabilità occupate, al 2018 si registrano 145.327 posizioni lavorative destinate a persone con disabilità non ancora coperte, pari al 29% della quota di riserva, ossia alle posizioni che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti per legge a riservare alle persone con disabilità (in totale 501.880). Ciò significa che, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il 44,9% delle 95.467 aziende tenute all’adempimento dell’obbligo normativo non è ancora in regola, non avendo ottemperato alla copertura totale della propria quota di riserva (il 45,5% delle aziende private e il 33,1% di quelle pubbliche).

(Fonti: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, “L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia”, dicembre 2019)

Dalla VIII Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 68/99 emerge che al 31 dicembre 2015 risultano iscritte agli elenchi unici provinciali del collocamento obbligatorio 775.095 persone con disabilità, a fronte delle 676.775 di fine 2013.

Tale incremento, pur dovendo tener conto del discreto numero di Province che non hanno fornito i dati nel precedente biennio, può essere messo in relazione con la crescita delle iscrizioni avvenute nel corso dei singoli anni. Nel 2014 si contano, infatti, 78.044 nuove iscrizioni, che arrivano nel 2015 a 91.893, pari al +35,1% rispetto al 2013 (quando si erano registrate 68.020 nuove iscrizioni).
A livello di ripartizioni geografiche, gli iscritti risiedono in prevalenza nel Sud e nelle Isole.

A differenza delle precedenti Relazione al Parlamento, nell’VIII sono disponibili anche i dati sulle cancellazioni annuali dagli elenchi del collocamento obbligatorio (rispetto alle quali occorre tuttavia tener conto che esiste un problema di tenuta e di pulitura delle liste). Nel 2014 si calcolano per ogni cancellazione 2,5 nuove iscrizioni, valore che sale a 3,6 nel 2015.
Più difficile è conoscere in modo compiuto le motivazioni delle cancellazioni registrate, poiché questa informazione viene fornita dalle amministrazioni competenti soltanto nel 18,8% dei casi nel 2014 e nel 28,1% nel 2015. Fra i soli casi motivati (7.167 per il 2015), la mancata risposta alla convocazione, per due volte consecutive, senza giustificato motivo o il rifiuto del posto di lavoro offerto rappresenta una delle motivazioni meno frequenti (3,2% del totale).
Da evidenziare il dato sulla mobilità delle persone con disabilità, esemplificato dalla cancellazione per trasferimento dell’iscrizione presso altro servizio, verificatasi nel 19,9% dei casi motivati nel 2015 [Si segnala in proposito che tale percentuale risulta diversa rispetto a quella riportata a commento della tabella 3 a pagina 44, poiché erroneamente nella Relazione il numero dei casi registrati per tale modalità non è stato rapportato al totale dei casi noti, ma al totale di tabella, che contiene anche i casi non disponibili. Si evidenzia inoltre che il totale della tabella 3 non coincide con il totale delle cancellazioni riportato nella precedente tabella 2, che viene invece preso a riferimento come numero totale di cancellazioni registrate nelle due annualità].

Dal punto di vista della composizione di genere, non solo le donne con disabilità iscritte al 31 dicembre 2015 continuano a essere numericamente inferiori agli uomini (46,2% del totale), ma rispetto al precedente biennio il divario a favore della componente maschile aumenta di un punto percentuale (nel 2013 le donne erano pari al 47,2% degli iscritti). Ancora più sfavorevole per le donne è la composizione percentuale delle iscrizioni effettuate nei singoli anni: la componente femminile pesa infatti per il 43,0% nel 2014 e per il 43,8% nel 2015. Tuttavia, in questo caso, pur essendo le donne inferiori agli uomini in valori assoluti, le loro iscrizioni crescono in percentuale superiore rispetto a quella calcolata per la componente maschile.
Il numero delle iscritte risulta complessivamente più consistente al Sud e nelle Isole rispetto alle altre ripartizioni geografiche (coerentemente con il dato delle iscrizioni complessive).

Il numero degli avviamenti delle persone con disabilità si attesta nel 2014 a 27.468, con un incremento del 50,1% in più rispetto al valore registrato nel 2013 (18.295). Tale numero cresce ulteriormente l’anno seguente (+5,7%) per arrivare a 29.031 avviamenti nel 2015.
Un ulteriore indicatore che permette di approfondire la capacità della normativa di garantire alle persone con disabilità l’accesso al mondo del lavoro è dato dal rapporto fra i nuovi iscritti e gli avviati nel corso di ogni singolo anno (fermo restando che i due aggregati non coincidono necessariamente, poiché una persona iscritta oggi potrebbe essere avviata anche negli anni successivi). Se nel 2012 si era registrato un avviamento ogni 3,9 iscrizioni e nel 2013 tale rapporto era di poco migliorato scendendo a 3,7, nel 2014 si arriva a un avviamento ogni 2,8 iscrizioni, per poi risalire a 3,2 nel 2015.
In un’ottica di genere, gli avviamenti interessano le donne con disabilità in misura inferiore rispetto agli uomini (sono il 43,2% del totale), ma al pari delle nuove iscrizioni crescono con una percentuale superiore rispetto a quella calcolata per la componente maschile.

Tabella 1 – Iscritti al 31/12, Iscritti dal 1° gennaio al 31 dicembre, Avviamenti (anni 2008-2015)

Iscritti al 31/12 Iscritti nell’anno Avviamenti
2008 721.827 99.515 28.306
2009 706.568 83.148 20.830
2010 743.623 83.000 22.360
2011 644.029 65.795 22.023
2012 728.326 74.375 19.114
2013 676.775 68.020 18.295
2014 789.383 78.044 27.468
2015 775.095 91.893 29.031

Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali (Relazioni al Parlamento)

Nel loro complesso gli avviamenti presso i datori di lavoro privati rappresentano il 92,2% del totale nel 2014 e il 95,7% nel 2015.

In considerazione del fatto che nell’ultimo anno considerato è stato emanato il Decreto legislativo 14 settembre 2015, n.151, che ha introdotto importanti modifiche al sistema del collocamento mirato, nella VIII Relazione il dato sugli avviamenti presso i datori di lavoro privati è stato scomposto tra il prima e il dopo l’entrata in vigore del Decreto stesso, ossia il 23 settembre 2015. Da questa disaggregazione delle informazioni emerge che il numero degli avviamenti passa da una media mensile di 2.083, precedente al 23 settembre, ad una media mensile di 3.013, calcolata da ottobre a dicembre, per un incremento del +44,6%. Ciò viene messo in relazione con alcune delle modifiche apportate dal Decreto, quale in particolare l’ampliamento della possibilità di ricorrere alla richiesta nominativa. Mentre gli impatti della nuova disciplina sugli incentivi, in vigore dal 1° gennaio 2016, potranno essere misurati solo a partire dalla prossima Relazione al Parlamento.
Proprio la tipologia di chiamata (includendo anche gli avviamenti mediante convenzione) viene evidenziata nella VIII Relazione, che mette in luce come il ricorso all’avviamento da graduatoria abbia rappresentato per i datori di lavoro privati una modalità residuale anche nel passato, in coerenza con l’approccio del collocamento mirato, e risulti ulteriormente in diminuzione nel biennio 2014-2015. Infatti, dall’8,5% dei casi registrati nel 2012, si passa al 6,1% nel 2013, per arrivare al 5,6% nel 2014 e scendere ancora nel 2015: dal 5,0% prima del D.lgs 151/2015 al 3,3% successivo alla sua entrata in vigore.

In un contesto produttivo come quello italiano, caratterizzato da una percentuale maggioritaria di piccole aziende non soggette all’obbligo di assunzione ex lege 68 (con un numero di dipendenti inferiore a 15), è importante evidenziare il numero degli avviamenti imputabili a tali aziende. Nel biennio 2014-2015 essi risultano pari all’11,4% del totale nel 2014 e al 9,7% nel 2015, valori in linea con quelli registrati nel precedente biennio.

[Da evidenziare che le Relazione al Parlamento non risultano di facile lettura in merito alla presentazione dei dati disaggregati relativi alle singole variabili considerate (iscrizioni, cancellazioni, avviamenti ecc.). Ciò vale rispetto a quanto accennato prima sulle motivazioni delle cancellazioni, ma riguarda anche le altre variabili, compreso ad esempio il numero degli avviamenti presso datori di lavoro pubblici e privati (in obbligo e non in obbligo) scomposto per tipologia di avviamento. I totali di tabella non coincidono infatti con il totale degli avviamenti pubblici e privati proposto nelle precedenti tabelle e presi a riferimento del numero totale di avviamenti. Ciò presumibilmente origina dalle mancate risposte fornite dalle amministrazioni competente, ma la presenza di totali di tabella difformi e l’assenza di note esplicative ne rende complicata la comprensione].

Il numero delle assunzioni registra nel biennio 2014-2015 un significativo incremento, rispetto alle annualità precedenti, pur dovendo considerare la presenza di eventuali distorsioni legate al numero delle Province che non hanno fornito le informazioni. Se nel 2013 si contavano 18.163 assunzioni, nel 2014 se ne registrano 54.164, per scendere poi nel 2015 a 36.843 (un valore comunque doppio rispetto a quello relativo al 2013). Anche il numero delle risoluzioni dei rapporti di lavoro aumenta in maniera significativa: dalle 5.538 indicate nel 2013 alle 29.175 del 2014 e alle 29.837 del 2015.
In virtù di tali andamenti, il rapporto tra risoluzioni e assunzioni registrate nel corso di ogni singolo anno peggiora nel passaggio al biennio 2014-2015: se infatti nel 2013 si registrava una risoluzione ogni 3,3 assunzioni, questo valore scende nel 2014 a 1,9 e nel 2015 a 1,2 (sancendo quasi una parità tra assunzioni e risoluzioni annuali).

Dal punto di vista della composizione di genere, le donne sono interessate dalle assunzioni in misura minore degli uomini in entrambe le annualità, ma con un miglioramento nel passaggio dal 2014 (43,7%) al 2015 (46,4%). Ciò perché la contrazione delle assunzioni registrata tra le due annualità coinvolge l’universo femminile in misura minore di quello maschile (-27,8% vs -35,2%). Anche nel caso delle risoluzioni le donne risultano meno coinvolte degli uomini, ma con percentuali superiori rispetto a quelle calcolate per le assunzioni (48,6% nel 2014 e 47,9% nel 2015).

Una novità introdotta dalla VIII Relazione riguarda le motivazioni delle interruzioni registrate, informazione disponibile per i soli datori di lavoro privati.
Per entrambe le annualità il motivo di gran lunga prevalente consiste nel termine del contratto di lavoro (50,4% dei casi nel 2015), a cui seguono le dimissioni (13,9%). Tra gli altri motivi, la Relazione evidenzia in particolare il dato sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo (5,9%), ricordando che la riforma Fornero del 2012 ha aggiunto ai tradizionali motivi oggettivi di licenziamento (crisi dell’impresa, cessazione dell’attività o cessazione delle mansioni cui è assegnato il lavoratore, senza che sia possibile la sua ricollocazione, compatibilmente con il suo livello di inquadramento) anche il superamento del periodo di comporto e il licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore. Data tale premessa, la Relazione richiama gli uffici responsabili alla garanzia della legittimità del licenziamento, ferma restando la possibilità per il giudice di ordinare la reintegrazione del lavoratore qualora si accerti l’insussistenza del giustificato motivo oggettivo alla base del licenziamento.
Degni di nota sono anche il mancato superamento del periodo di prova (2,8%) e le dimissioni durante il periodo di prova (1,0%), che potrebbero richiamare ad un miglior funzionamento dei servizi a supporto del datore di lavoro e del lavoratore ai fini dell’inclusione nel mondo lavorativo delle persone con disabilità.

Tabella 2 – Assunzioni e Risoluzioni (anni 2008-2015)

Assunzioni Risoluzioni
2008 34.585 7.132
2009 27.042 4.403
2010 20.793 5.304
2011 19.605 5.124
2012 15.680 7.671
2013 18.163 5.538
2014 54.164 29.175
2015 36.843 29.837

Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali

Un’altra novità della VIII Relazione è data dall’indicazione del titolo di studio posseduto dagli iscritti agli elenchi del collocamento obbligatorio. In questo caso da evidenziare è innanzitutto che il titolo di studio in possesso degli interessati risulta disponibile presso i servizi competenti solo nel 62,4% dei casi per il 2014 e nel 59,8% nel 2015.
Dall’analisi dei soli casi noti (463.417 nel 2015), emerge come la grande maggioranza degli iscritti (69,1% nel 2015) si concentri in una fascia di bassa qualificazione, dalla licenza media in giù, con un differenziale di genere (71,3% per gli uomini vs 66,6% per le donne), ad indicare una maggiore qualificazione appannaggio della componente femminile.

Per quanto riguarda invece la condizione occupazionale degli iscritti agli elenchi del collocamento obbligatorio, l’informazione è stata fornita dalle amministrazioni competenti solo nel 49,1% dei casi nel 2014 e nel 56,9% nel 2015.
Fra gli iscritti per i quali è disponibile l’informazione, quasi l’87,9% nel 2014 e l’86,8% nel 2015 è in uno stato di disoccupazione, ossia immediatamente disponibile allo svolgimento e alla ricerca di un’attività lavorativa, secondo modalità definite con i servizi competenti. E tale condizione risulta proporzionalmente più alta tra la componente femminile.

Nella fase di contrazione economica e di crisi aziendali si segnalano i dati sul ricorso all’istituto della sospensione dagli obblighi occupazionali. Nel 2014 sono state effettuate 5.312 comunicazioni di sospensione, che hanno interessato 58.513 posizioni lavorative delle quote di riserva nelle imprese richiedenti, e nel 2015 sono state effettuate 3.775 comunicazioni per 13.377 posizioni lavorative. Inoltre sono stati adottati 512 provvedimenti di sospensione temporanea per 1.060 posizioni lavorative nel 2014, e 464 provvedimenti per 1.048 posizioni nel 2015.

Alle sospensioni temporanee si aggiungono gli esoneri parziali, concessi a quei datori di lavoro che non possono occupare l’intera percentuale di persone con disabilità prevista dalla legge in ragione di particolari condizioni, quali la faticosità delle prestazioni lavorative, la pericolosità connaturata al tipo di attività, le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e l’assenza di mansioni compatibili con le condizioni di disabilità e con le capacità lavorative degli aventi diritto. Le pratiche autorizzate negli anni 2014 e 2015 sono state rispettivamente 1.864 e 1.974 (pari al 93,4% e al 95,1% delle richieste), per un numero di persone con disabilità interessate pari rispettivamente a 13.460 e 13.551.
Inoltre, da parte delle aziende che occupano addetti impegnati in lavorazioni che comportano il pagamento di un tasso di premio ai fini INAIL pari o superiore al 60%, sono state presentate 273 autocertificazioni di esclusione dei lavoratori interessati dalla base di computo nel 2014 e 208 nel 2015, per un totale di lavoratori disabili interessati pari rispettivamente a 683 e 753 [Si segnala in proposito che il totale dei lavoratori disabili qui riportato è uguale a quello indicato nella tabella 49 a pagina 111 dell’VIII Relazione, ma diverso rispetto a quello proposto nel relativo commento. Ciò perché quest’ultimo non si riferisce al numero delle persone con disabilità interessate, ma al totale di tabella, erroneamente inserito poiché somma il numero delle autocertificazioni presentate a quello delle persone con disabilità interessate].

Risibile risulta il numero delle sanzioni comminate. Le sanzioni per il ritardato invio del prospetto informativo ammontano a 96 nel 2014 e 12 nel 2015. Le sanzioni per ritardato adempimento degli obblighi di assunzione ammontano a 207 nel 2014 e a 151 nel 2015.

Tanto gli esoneri parziali concessi quanto le irregolarità rilevate nell’invio del prospetto informativo e/o nel ritardato adempimento degli obblighi di assunzione comportano per i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici il versamento di specifici contributi (nel primo caso) e di determinate sanzioni (nel secondo caso) che vanno ad alimentare i relativi Fondi regionali per l’occupazione dei disabili. Per quanto concerne invece i responsabili dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, in caso di violazioni della normativa, si applicano le sanzioni specifiche del settore di loro appartenenza e dunque le sanzioni penali, amministrative e disciplinari previste dalle norme sul pubblico impiego.
In proposito la Relazione al Parlamento non fornisce indicazioni relative né all’ammontare dei versamenti che confluiscono nei vari Fondi Regionali, né il numero e il tipo di sanzioni comminate ai dirigenti pubblici.

(Fonti: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, “Ottava Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”. Anni 2014-2015”, febbraio 2018)

Una difficile inclusione

Il mercato del lavoro italiano risulta deficitario non solo nella capacità di includere, ma anche di garantire il mantenimento del posto di lavoro. Meno di una persona con Sindrome di Down su 3 lavora dopo i 24 anni, e il dato scende al 10% tra le persone con autismo con più di 20 anni. Parallelamente, meno della metà delle persone con Sclerosi Multipla tra i 45 e i 54 anni è occupata (49,5%), a fronte del 12,9% di disoccupati e del 23,5% di pensionati.

(Fonti: Fondazione Serono, Censis, “I Bisogni ignorati delle persone con disabilità”, ottobre 2012)

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