Una delegazione della FISH ha partecipato all’audizione ieri della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai. Sul tavolo i temi importanti della comunicazione e disabilità, oltre che il diritto all’informazione e all’accesso ai servizi radiotelevisivi da parte delle persone con disabilità.
Con particolare forza, è stato sottolineato l’aspetto profondamente culturale della consapevolezza della disabilità. FISH rileva la perdurante presenza, nella programmazione e nella conduzione di molte trasmissioni radiotelevisive, di linguaggi inappropriati, di stereotipi ora di taglio pietistico ora di spettacolarizzazione.
È stato infatti richiamato l’episodio eclatante della trasmissione “La vita in diretta” in cui la collaboratrice e nota conduttrice Rai Alda D’Eusanio ha esplicitamente dichiarato che non si può vivere avendo “quello sguardo vuoto”, riferendosi ad una persona con disabilità.
A tali affermazioni vanno contrapposte le prescrizioni della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Parlamento con L. 18/2009, la quale dedica un intero articolo alla necessità di cambiare l’approccio verso le persone con disabilità a partire da impegni precisi che gli Stati devono ottemperare. Si tratta di “sensibilizzare la società nel suo insieme” per “accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità” attraverso una strategia per “combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose”. Tutto ciò incoraggiando “tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme alla Convenzione”.
Il Contratto di Servizio pubblico fin dagli esordi ha previsto un luogo di confronto tra la Rai e rappresentanze della società civile organizzate. La Sede Permanente ha però monitorato solo aspetti quantitativi del fenomeno comunicazione e disabilità. Nel nuovo Contratto si deve attuare la Convenzione ONU monitorando e conseguentemente implementando forme nuove di comunicazione che non si esauriscano esclusivamente nel fenomeno di cronaca o di super eroismo, rafforzando i compiti della Sede Permanente.
È stato quindi affrontato il grave tema dell’inaccessibilità dei sistemi di comunicazione Rai, partendo dal presupposto che nonostante l’impossibilità di fruire appieno ai suddetti servizi, le persone con disabilità sensoriale contribuiscono allo sviluppo del servizio Rai con lo stesso canone di tutti i Cittadini. Un trattamento che non si può definire altro che discriminatorio.
Grazie alla recente Relazione annuale al Parlamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), organo di controllo, è noto che la percentuale dei programmi sottotitolati è passata dal 61,8% nel 2010 al 71,1% nel 2012. In realtà rimangono ancora scoperti dalla sottotitolazione un gruppo di programmi particolarmente rilevanti quali gran parte dei telegiornali e dei servizi informativi di approfondimento, escludendo dalla discussione sulla vita politica, economica e sociale del Paese le persone sorde.
La programmazione audiodescritta risulta essere passata dalle 301 ore nel 2010 alle 364 ore nel 2011, per arrivare alle 387 ore nel 2012, a fronte però di una totale assenza di obiettivi misurabili nel Contratto di Servizio. Si lascia così alla decisione dell’Azienda quanto e cosa rendere accessibile alle persone non vedenti. A ciò si aggiunge l’inaccessibilità del canale audio del digitale terrestre, generando una discriminazione anche per le persone con disabilità visiva.
“Le discriminazioni che subiscono le persone con disabilità nel servizio pubblico Rai – dichiara il Presidente Barbieri – sono numerose e particolarmente rilevanti. C’è bisogno di un salto di qualità nel rapporto tra l’Azienda e le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari. Rai deve mostrare la capacità di saper interpretare correttamente la disabilità per superare lo stigma dominante e ridurre le discriminazioni, a partire dall’accesso all’informazione ed alla comunicazione che va garantita su ogni mezzo e ad ogni Cittadino. Questo è servizio pubblico”.