“Il nostro movimento è autenticamente shockato da questa notizia di violenza sessuale su una donna con disabilità, reazione ancor più esacerbata per i particolari e lo scenario in cui questo crimine si è consumato”. Così commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, la cronaca di queste ore. I fatti: dopo il test del DNA ha confessato la violenza carnale un operatore socio-sanitario dell’Istituto Oasi Maria Santissima di Troina (Enna), struttura peraltro classificata di interesse regionale “per il ritardo mentale e l’involuzione cerebrale”, ma teatro del crimine.
L’accusa è quella di violenza sessuale aggravata “dall’aver commesso il fatto ai danni di una donna disabile e nel momento in cui la stessa era a lui affidata”.
La vittima è una donna ventiseienne con severi problemi psichici che comunica solo con lo sguardo. La donna è incinta, alla venticinquesima settimana di gestazione, dunque la violenza è avvenuta nei giorni drammatici del lockdown, quando l’Oasi era zona rossa per la presenza di 162 positivi fra pazienti e infermieri; quindi isolata dall’esterno.
“La nostra Federazione – prosegue Falabella – ha dedicato e continuerà a dedicare il massimo dell’attenzione alla violenza sulle donne con disabilità, un fenomeno largamente nascosto o misconosciuto. In questi giorni stiamo conducendo la seconda edizione di una ricerca proprio su questi aspetti, chiedendo alle donne e alle ragazze con disabilità di raccontare le loro esperienze. Ma sono necessarie anche azioni politiche serie, organiche e forti che rimuovano le cause di questi episodi e fra questi anche i contesti segreganti troppo spesso scenario di abusi di vario genere.”
“Come proseguirà questa vicenda? La gravidanza sarà portata a termine? Se diventerà madre, come assicurare alla ragazza tutti i sostegni necessari? E il diritto alla giustizia sarà pieno? Verranno rispettate tutte le ipotesi aggravanti? Le ipotesi di negligenza o connivenza verranno indagate? – si interroga Silvia Cutrera, coordinatrice del Gruppo donne FISH – La drammaticità di questo fatto, venuto alla luce dopo che i genitori, terminato l’isolamento da lockdown, avevano notato che la ragazza era visibilmente ingrassata, svela ciò che può accadere nei luoghi che dovrebbero essere deputati alla cura delle persone con disabilità. Il Gruppo Donne FISH vuole nuovamente lanciare l’allarme sul maggiore rischio che le donne con disabilità corrono di essere vittime di violenza, abusi e maltrattamenti. È ora di agire senza silenzi e omertà.”