Il 9 febbraio 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 novembre 2017, che provvede a suddividere le risorse afferenti al Fondo per le non autosufficienze per l’anno 2017, pari a 463,6 milioni di euro. Tale importo, da destinare “alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell’ambito dell’offerta integrata di servizi socio-sanitari in favore di persone non autosufficienti”, origina dall’applicazione di diversi provvedimenti.
Vediamo quali sono.
La Legge di Stabilità 2015 (Legge 23 dicembre 2014, n.190, art. 1, comma 159) ha trasformato in strutturale il Fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 250 milioni di euro annui. Ad essi si sono aggiunti due successivi incrementi: quello varato con la Legge di Stabilità 2016 (Legge 28 dicembre 2015, n.208, art. 1, comma 405), di 150 milioni di euro annui, e quello introdotto dalla Legge di Bilancio 2017 (Legge 11 dicembre 2016, n.232, art. 5 Parte II e relativa Tabella 4 – Nota integrativa), di 50 milioni di euro annui, per un un totale quindi di 450 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017.
A questo importo, si aggiungono poi per il 2017, in modo non strutturale, 13,6 milioni di euro. Sono la quantificazione delle risorse derivanti dalle attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità e dalle verifiche straordinarie svolte dall’INPS. Ossia le risorse derivanti dalla famosa campagna sui cosiddetti “falsi invalidi”. Il comma 109, dell’art. 1, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 aveva infatti disposto che il ricavato delle 450.000 visite di controllo previste nel triennio 2013-2015 andasse ad incrementare l’FNA, sino alla concorrenza di 40 milioni di euro annui. E siamo così agli attuali 463,6 milioni di euro di dotazione dell’FNA per il 2017. Di questi, 448,6 milioni vengono ripartiti tra le Regioni e 15 milioni vengono destinati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per il finanziamento di azioni sperimentali finalizzate alla vita indipendente e all’inclusione nella società.
Tuttavia, in questo computo mancherebbero i 50 milioni di euro di incremento previsti dall’articolo 5 del Decreto-Legge 29 dicembre 2016, n.243, con il quale il Legislatore aveva portato lo stanziamento dell’FNA a 500 milioni di euro per il solo 2017. E, infatti, in forza dell’Intesa del 23 febbraio 2017 [documento non accessibile] raggiunta tra Governo, Regioni e Province Autonome sul documento concernente il contributo alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario per l’anno 2017, è stata operata una riduzione del fondo nazionale di 50 milioni di euro (Tabella 3, “Riduzione risorse 2017”). Successivamente le Regioni, con la nota del 20 marzo 2017 del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, hanno espresso la volontà di integrare, con risorse proprie e per un importo complessivo pari a 50 milioni di euro, le risorse nazionali afferenti all’FNA. Pertanto, le risorse nazionali e regionali effettivamente a disposizione delle Regioni arrivano a 498,6 milioni di euro, cui si sommano i 15 milioni di euro destinati al Ministero, per un importo totale di 513,6 milioni di euro per il 2017.
Veniamo adesso ai contenuti del decreto.
Il primo aspetto da considerare riguarda i criteri usati per il riparto tra le Regioni delle risorse, che sono gli stessi applicati dall’istituzione dell’FNA. Quindi, per il 60% pesa la popolazione residente di 75 anni e più, e per il 40% incidono i criteri già adottati da anni per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali, che tengono conto delle diverse situazioni di disagio. Ciò a differenza di quanto preannunciato nel precedente decreto di riparto dell’FNA, relativo all’anno 2016 (Decreto ministeriale 26 settembre 2016). Vi si prevedeva infatti che, a partire dal 2017, i criteri adottati sarebbero stati oggetto di una specifica integrazione e revisione, in esito alla rilevazione cui venivano chiamate le Regioni sul numero delle persone con disabilità gravissima presenti nei loro territori. Ad oggi, occorre quindi evidenziare innanzitutto il mancato compimento delle attività di rilevazione prospettate, con conseguente impossibilità di attribuire i fondi in base a criteri più appropriati. Così come siamo ancora ben lontani dall’elaborazione di un Piano per la non autosufficienza, previsto dal medesimo decreto 2016, che avrebbe dovuto definire per il triennio 2017-19 i principi e i criteri per l’individuazione dei beneficiari, nonché il percorso per il progressivo raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale.
Per quanto concerne le aree di destinazione dell’FNA, il decreto conferma le medesime finalità previste nei due precedenti decreti di riparto. E ribadisce l’impegno delle Regioni ad usare le risorse ripartite prioritariamente per gli interventi a favore di persone in condizione di disabilità gravissima. Ma aumenta la percentuale delle risorse da destinare in via esclusiva, fissata ad una quota non inferiore al 50% (era il 40% nella precedente annualità). In questo computo sono inclusi gli interventi a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (ciò in forza di una specifica previsione normativa contenuta nella Legge di Bilancio 2017).
Come già anticipato, viene quantificata in 15 milioni di euro la quota destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per le azioni di natura sperimentale volte all’attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità (DPR 4 ottobre 2013), relativamente alla linea di attività “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”. Tale cifra rimane immutata rispetto alla precedente annualità, quando ai 10 milioni dell’FNA si andavano ad aggiungere ulteriori 5 milioni stanziati dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 406, della Legge 208/2015). Inoltre, come si potrà notare il riferimento è al primo Programma di azione biennale, e non al secondo (DPR 12 ottobre 2017, pubblicato nella Gazz. Uff. 12 dicembre 2017, n. 289), per ragioni legate all’iter procedurale e alla conseguente tempistica di approvazione del presente decreto di riparto. Le risorse destinate al Ministero vengono attribuite ai territori coinvolti nella sperimentazione per il tramite delle Regioni sulla base delle linee guida adottate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Infine, il decreto tratta di alcuni aspetti legati al monitoraggio delle prestazioni mediante il Casellario dell’assistenza. In questa sede, è utile ricordare le modifiche introdotte dal Decreto Legislativo 15 settembre 2017, n. 147 in materia di raccolta, analisi e restituzione delle informazioni inerenti il sistema dei servizi sociali. L’articolo 24 del suddetto decreto istituisce infatti il Sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS), che integra e sostituisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, il Sistema informativo dei servizi sociali (articolo 21 della Legge 328/2000) e il Casellario dell’assistenza (articolo 13 del Decreto-Legge n. 78 del 2010), che vengono conseguentemente soppressi.
Nella nuova formulazione, il SIUSS si compone di due sistemi informativi. Il Sistema informativo delle prestazioni e dei bisogni sociali, che comprende la banca dati delle prestazioni sociali, la banca dati delle valutazioni e delle progettazioni personalizzate, e il sistema informativo dell’ISEE. E il Sistema informativo dell’offerta dei servizi sociali, articolato in due banche dati, quella dei servizi attivati e quella delle professioni e degli operatori sociali.