Il primo aprile scorso è stata presentata l’Indagine conoscitiva sui percorsi ospedalieri per le persone con disabilità, realizzata da Spes contra spem, in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, in collaborazione con la Fondazione Ariel e con il contributo della Fondazione Umana Mente del Gruppo Allianz.
La ricerca si propone di indagare il tema dell’accesso alle cure sanitarie da parte delle persone con disabilità. L’obiettivo è di acquisire una prima base di dati per fotografare quelle che vengono definite “barriere sanitarie”, ossia per conoscere la situazione delle strutture ospedaliere italiane in termini di ostacoli che le persone con disabilità incontrano per la cura di patologie non direttamente correlate alla disabilità stessa.
Per la realizzazione dell’indagine, condotta tra gennaio e settembre del 2014, sono state contattate 814 strutture pubbliche (ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universitari, IRCCS – Istituti di Ricerca e Cura a carattere Scientifico ecc.) distribuite sull’intero territorio italiano. Di queste, il 19,8% (pari a 161 strutture) ha risposto ad un breve questionario a domande chiuse, compilabile on line, relativo alla presenza di misure, presidi, percorsi clinico assistenziali, figure professionali per facilitare l’accesso e la cura delle persone con diverse tipologie di disabilità.
Dai risultati della ricerca emerge che “l’ospedale non è un posto per disabili”.
Solo in poco più di un terzo delle strutture (36,0%) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità quando devono eseguire prestazioni in ambulatorio o in day hospital.
Solo il 16,8% delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità.
Nessuna struttura ha mappe a rilievo per ciechi, mentre solo il 10,6% è dotato di percorsi tattili.
I display luminosi per permettere la lettura a persone sorde sono presenti nel 57,8% degli ospedali.
Solo il 12,4% dei pronto soccorso (nessuno nell’Italia meridionale) ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva, percentuale che sale al 21,7% se si considerano invece gli ambulatori e i reparti delle strutture.
Migliori sono i risultati per quanto riguarda la presenza del case manager, previsto nel 61,5% delle strutture, anche se, a questo primo livello di indagine, non è possibile approfondire se si tratti di una figura dotata di competenze specifiche in materia di disabilità.
La quasi totalità delle strutture (95,7%) consente la permanenza del caregiver della persona con disabilità oltre l’orario previsto per le visite. Ma anche in questo caso non è possibile stabilire con certezza se si tratti di una possibilità presente nei regolamenti delle strutture oppure se questa sia lasciata alla buona volontà del personale ospedaliero.
Infine, nel 70,2% dei casi le strutture dichiarano di effettuare incontri con i rappresentanti delle associazioni delle persone con disabilità, dando un segnale di impegno sul tema dell’accoglienza nei contesti ospedalieri delle persone con disabilità. Tuttavia nel 52,2% dei casi tali incontri risultano saltuari e non strutturati.