Nel 2008 i “nuovi” LEA erano dati già per vigenti ma, per varie vicissitudini, il loro aggiornamento è scandalosamente ancora da approvare. Il testo proposto ondeggia fra l’approvazione della Conferenza Stato-Regioni e la valutazione della reale copertura da parte del Ministero dell’Economia.
A fronte di esiti imperscrutabili rimane il testo proposto che lascia notevolmente insoddisfatto chi, come la FISH, si attendeva una svolta netta nella direzione dei principi della Convenzione ONU. Ma non è certo questa l’unica norma ad essere “tradita”: Lo sono anche la legge 134/2015 in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie e ancora la recentissima legge 22 giugno 2016, n. 112/2016 sul “dopo di noi”.
La Convenzione ONU descrive un sistema non assistenzialistico né compensativo della menomazione, indicando piuttosto una proiezione verso processi e sostegni (servizi) finalizzati all’inclusione sociale e alla partecipazione attiva alla vita di comunità.
Al contrario nei futuri LEA ciò che riguarda le prestazioni riabilitative, la parte di integrazione socio-sanitaria e gli ausili e protesi, risente di una vetusta impostazione impropria persino se si seguono le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Eppure il nostro Paese ha prodotto buone pratiche riconducibili ai diritti fondamentali come il budget di salute o i centri per gli ausili o, ancora, le agenzie per la vita indipendente. Servizi decisamente avanzati anche nel panorama internazionale che non trovano riscontro alcuno, nemmeno nello spirito, nei Livelli Essenziali.
“A ciò si aggiunga il fatto che nemmeno le recenti leggi sull’autismo e sul ‘dopo di noi’ vengono recepite. – commenta Vincenzo Falabella, presidente della FISH – Nel primo caso si tratta di sviluppare servizi in grado di garantire un’adeguata presa in carico di persone ad alto bisogno assistenziale con necessità di un’elevata qualificazione tecnico-professionale. Nel secondo caso, invece, di riconoscere che una legge dello Stato sostiene con chiarezza che bisogna procedere a forme di de-istituzionalizzazione delle persone con disabilità residenti in strutture socio-sanitarie che spesso sono nel mirino dei Nas e definite dalla stampa dei veri e propri lager.”
Un quadro deludente che ignora le innovazioni indicate a livello internazionale e ratificate dal nostro Paese, nonché da altre norme di recentissima approvazione.
FISH ritiene che vada considerata l’opportunità di operare alcuni stralci. “Pensiamo alla parte socio-sanitaria o a quella degli ausili e della riabilitazione. Finora non erano incluse nei LEA ma erano il risultato di altri provvedimenti ed accordi fra Stato e Regioni. Stessa riflessione valga per l’autismo: grazie alla recente normativa gli interventi diagnostici, di cura e di abilitazione possono essere meglio regolati e attuati al di fuori del monolitico impianto dei LEA”. Stralciare quelle parti consentirebbe, a parere di FISH, di raggiungere in modo efficace e congruente obiettivi più elevati e condivisi su ambiti di enorme rilevanza.